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07/07/2016 - 08:48:19

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DIFENDE LA MOGLIE DAGLI INSULTI RAZZISTI, NIGERIANO UCCISO DI BOTTE A FERMO

Emmanuel, 36 anni, è morto: è stato picchiato da un ultras italiano vicino ad ambienti dell'estrema destra che aveva insultato la moglie.


Difende la moglie dagli insulti razzisti, nigeriano ucciso di botte a Fermo
Dopo alcune ore di coma irreversibile è morto Emmanuel, l'uomo nigeriano di 36 anni che è stato brutalmente picchiato ieri a Fermo, nelle Marche, a poche centinaia di metri dal seminario arcivescovile della città, di cui era ospite. Nella mattinata di giovedì, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha annunciato che presiederà il comitato provinciale per l'Ordine e la sicurezza pubblica a Fermo.

Il 36enne stava raggiungendo il centro della città insieme a sua moglie Chimiary, anch'essa malmenata ma fortunatamente non in pericolo di vita. Entrambi erano ospiti di un progetto di accoglienza gestito dalla Fondazione Caritas di don Vinicio Albanesi: erano stati accolti a Fermo dopo esser fuggiti a Boko Haram, aver attraversato il Niger e superato le violenze della Libia. Sopravvissuto alle torture e alle persecuzioni, Emmanuel è stato ucciso in Italia a quanto pare da un uomo con simpatie per l'estrema destra: il presunto assassino, secondo alcune fonti interpellate da Fanpage, sarebbe stato visto sia ieri sera che stamattina a piede libero per la città. Nei suoi confronti al momento non sarebbe stata formalizzata nessuna accusa, poiché le autorità stanno raccogliendo tutti gli elementi investigativi utili.


"Chimiary è molto agitata  ha chiesto di rivederlo, nell’attesa è svenuta. Dicono una crisi di nervi. In realtà abbiamo saputo che il ragazzo è praticamente morto. E’ in coma irreversibile bisogna aspettare 6 ore prima staccare le macchine. Ci hanno chiesto l’espianto degli organi. E’ da valutare perché non ci sono documenti e familiari che possono dare il consenso se non la sua compagna", aveva raccontato Albanesi.


Emmanuel e Chimiary si erano sposati in Italia 5 mesi fa
Cinque mesi fa Emmanuel e Chimiary erano stati informalmente sposati proprio da don Vinicio Albanesi presso una chiesa della cittadina marchigiana: per i due era stato il coronamento di un sogno, dal momento che avrebbero voluto convolare a nozze proprio in Nigeria prima che le violenze e le persecuzioni li costringessero a fuggire. I due decisero di sobbarcarsi la traversata anche perché in attesa di un figlio: desiderosi di garantirgli un futuro migliore si misero in cammino, ma le cose non andarono come speravano. Chimiary, come raccontò mesi fa l'agenzia stampa Redattore Sociale, perderà il bambino proprio a causa delle percosse subite in uno di quei lager dove i migranti sono costretti a restare alla mercé di aguzzini senza scrupoli.


Le modalità dell'aggressione: Emmanuel picchiato con un palo e preso a calci quando era a terra
Emmanuel e Chimiary erano da poco usciti dal seminario e, nel pomeriggio di ieri, si stavano recando verso il centro di Fermo per acquistare una crema idratante: la coppia si è imbattuta in due italiani, già noti alle forze dell'ordine per la loro appartenenza alla tifoseria della fermana e ad ambienti dell'estrema destra. Secondo la ricostruzione della donna, uno dei due avrebbe iniziato a insultarla con epiteti razzisti arrivando anche a strattonarla e suscitando la reazione di Emmanuel. Ne sarebbe scaturita una rissa: uno dei due aggressori ha estratto con un palo della segnaletica estradale e l'ha usato per colpire Emmanuel alla testa. Una volta a terra, sempre secondo il racconto di Chimiary, il compagno sarebbe stato colpito ripetutamente. Soccorso dai vigili e da un'ambulanza le condizioni del 36enne nigeriano sono apparse subito disperate.


“Una provocazione gratuita, a freddo – ha spiegato oggi in conferenza stampa don Vinicio Albanesi -. Ci costituiremo parte civile, nella veste di realtà a cui i due ragazzi sono stati affidati”. Sono 124 i profughi accolti nella struttura del seminario di Fermo, tra cui 19 nigeriani. Non solo: “Per questa sera abbiamo già organizzato una veglia di preghiera. Vogliamo pregare e chiedere perdono per non aver saputo proteggere e accogliere una giovane vita, sfuggita al terrore per trovare poi la morte in Italia”.  E ancora, il parroco punta lancia accuse precise: “Ci sono piccoli gruppi, di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana! Fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese".



 

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