Che sia cambiata la politica è un fatto più che evidente.Non ci si riferisce solo alla modalità ma anche alla qualità che tramite essa ci viene proposta.Non esistono più le vecchie ideologie di partito, magari tramandate da generazioni di famiglie, ma nuovi approcci e rinnovate credenze che non lasciano più scampo ai stralci del passato. L’azione dei media poi, negli ultimi anni, ha imposto la centralità del candidato su quella del partito privilegiando, appunto, la personalizzazione nonché la spettacolarizzazione della comunicazione dei candidati-elettori cosa ben diversa dalla esigua capacità di rendersi “fedele” ad una ideal tipica convinzione partitica. Il riferimento qui è netto e chiaro: tali cambiamenti hanno imposto travolgimenti epocali con ripercussioni forti e (si spera!) ammortizzabili nel tempo; basti pensare al cambiamento radicale che il partito dell’on. Fini ha realizzato in questi giorni. Ci si è dimenticato della storia, della tradizione, dell’immagine , del simbolo, per seguire un altro genere di itinerario, la confluenza. Questo mettere insieme persone di partiti e ideologie all’origine diverse, di storie e significanze ineguagliabili, questa perdita di identità documentata, risulta ai nostri occhi un po’ troppo sommario e francamente un non sanse.
Questo nuovo modo di fare politica diviene a tutt’oggi responsabile di quel processo definibile come personalizzazione della leadership, che favorisce il diffondersi dei simboli del potere individuale e di una conseguente trasformazione delle singole personalità in soggetti del potere politico. Proprio la scomparsa o il declino del carattere impersonale dell’immagine del partito pone molto più spazio all’emergere della figura del leader e alla sua progressiva sovrapposizione con l’immagine del partito. Non si vuole qui considerare (o denigrare) quale leader o in quale partito si confluisca, ma ciò che si vuole fare emergere è che tali processi vengono visti nel contempo, sia come fattori sia come esiti della crescente mediatizzazione della comunicazione politica, che per sua propensione intrinseca tende non solo ad indebolire le fedeltà partitiche, ma anche a privilegiare la personalizzazione dell’immagine a favore di un vero e proprio culto della persona.
I leader carismatici della politica odierna divengono delle figure in grado di creare consenso attraverso il look, l’immagine, il frame, ottenuta secondo strategie di marketing politico alla cui base vi è la convinzione dell’importanza della spettacolarità e della necessaria aurea carismatica quale componente specifica ed interna al gioco politico delle parti.
Il passaggio dal “noi” all’ “io” è un cambiamento nella struttura interna alla politica stessa, ma nel contempo implica un ridimensionamento del ruolo dei partiti e dei loro organi di decisione collettivi a favore dell’assunzione di responsabilità individuale del leader di fronte agli elettori: quindi una trasformazione nella comunicazione. Si mettono in pratica tattiche e persuasioni per stabilire e persuadere che le convinzioni personali, l’integrità, i propositi, la biografia e in definitiva la personalità, la credibilità del leader sono tali da meritare la fiducia dell’elettore, mentre la tradizione di un valore, di una ideologia, di un “sentire comune” finisce nel dimenticatoio a favore di un modo di emergere consono all’estetismo dei nostri tempi.
Oggi questa competizione alla leadership comporta la necessità di leggere e, soprattutto, di mostrare la politica come la realizzazione di una persona che solo con le sue azioni si conquista il diritto alla fiducia chiesta ad ogni elettore, confinando nello sfondo il riferimento al partito. La relazione con gli elettori non è più mediata, dunque, dalla società, ma è diretta verso, e consumata attraverso i media per i quali occorrono individualità forti e permalosità di linguaggi per garantirne la riconoscibilità dei tempi politici, e non di certo di complessi sistemi di concetti.
Luisa Ficarra
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