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22/10/2016 - 18:12:53

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OSPEDALE CHIELLO: QUALCHE PILLOLA DI STORIA RECENTE, UN TIMORE E UN CONSIGLIO

Quella dell'ospedale di Piazza Armerina è una guerra cominciata circa dieci anni fa quando a governare l‘ASP di Enna era il manager Francesco Iudica,


Ospedale Chiello: qualche pillola di storia recente, un timore e un consiglio Il sabato del Villaggio
di Carmelo Nigrelli

 Si avvicina il 6 novembre, giorno in cui la popolazione è stata chiamata a fare sentire la sua voce contro la paventata chiusura del pronto soccorso dell’ospedale Chiello. Si tratta dell’ennesima battaglia di una guerra che è cominciata circa dieci anni fa quando a governare l‘ASP di Enna era il manager Francesco Iudica, a sala delle Luci c’era Maurizio Prestifilippo e a governare la Regione era Totò Cuffaro.

Già allora il piano di rientro che lo Stato cercava di imporre alla regione Sicilia prevedeva una drastica riduzione dei posti letto e la chiusura di molti reparti nei piccoli ospedali. Qualcuno ricorderà la seduta di Consiglio comunale del 18 agosto 2007, talmente affollata di cittadini che venne collocato un maxischermo in piazza Garibaldi. In quell’occasione venne presentato un dossier preparato da Enzo Borruso che provava a smontare punto per punto l’impostazione della dirigenza dell’ASP. Già allora erano sotto attacco la Cardiologia, fortemente sottodimensionata e Ostetricia e Ginecologia di cui si prevedeva la chiusura poiché al di sotto dei 500 parti/annui, mentre i servizi territoriali dell’ex Inam erano stati trasferiti al Chiello, provocando la immediata nascita di lunghe file d’attesa. Iudica, persona di cultura e fine retore, citò Enrico Mattei («Il futuro è di chi se lo sa immaginare») e confermò che il Chiello rischiava davvero di essere chiuso, come gli altri ospedali della provincia tranne l’Umberto I, poiché uno fotocopia dell’altro.

Lo sconto tra comune e manager si acuì, giungendo alle soglie di uno spostamento nelle aule di giustizia, a partire dall’autunno 2008 e, soprattutto, nel corso del 2009. Alla vigilia di ferragosto di quell’anno il manager informò dirigenti medici e Vescovo che il Pronto soccorso del Chiello sarebbe stato chiuso e che lo stesso servizio sarebbe stato garantito solo dalle 8.00 alle 20.00 nei giorni lavorativi. La reazione di amministrazione, consiglio e cittadini fu durissima e, addirittura, il Comune si offrì, se fosse stato necessario istituire una Unità Terapia Intensiva Coronarica (UTIC) per potere avere una cardiologia e un pronto soccorso pienamente efficienti, di acquistare le apparecchiature necessarie come i letti monitorizzati. Quello che si mise in campo in quegli anni fu una strategia di contrasto ai piani della Regione che vedeva un’azione congiunta di amministratori e consiglio con la spinta decisiva della popolazione intera senza prevalenza delle forze politiche, sotto il coordinamento del Comitato pro Chiello, poi presieduto dalla signora Rovetto. Così non solo venne impedita la chiusura del P.S., ma venne confermato dall’allora assessore Regionale Massimo Russo il mantenimento dell’ospedale per acuti con 86 posti previsti e quattro reparti (chirurgia, medicina, ortopedia e nefrologia) tra cui l’ortopedia cui fu riconosciuto lo status di eccellenza provinciale. Pochi mesi dopo vennero assunti dal nuovo manager due cardiologi, sulla base di un accordo tra amministrazione locale e il nuovo commissario dell’ASP, Nicola Baldari.

Nella primavera 2011, dopo la tragica morte di una paziente a Leonforte, lo stesso Baldari decretò la chiusura anticipata di sei mesi del reparto di Ostetricia (che era stata sventata nel 2007), ma subito dopo, in un ennesimo confronto istituzionale al quale partecipò in veste di consigliere comunale anche l’attuale assessore Carmelo Gagliano, si stabilì che nel reparto di Piazza si sarebbero potuti effettuare interventi di chirurgia ginecologica maggiore in regime di Ricovero ordinario. Il comune fece ricorso al TAR, lo vinse, ma il reparto non venne riaperto. Intanto, applicando un'altra delle massime che Iudica amava citare (“Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”) il lavoro comune tra amministrazione, consiglio e comitato e il continuo confronto con il manager e l’assessorato, portò alla fine del 2011 all’istituzione di una unità operativa semplice di otorinolaringoiatria con 3 medici, a quella di cardiologia dentro Medicina con 4 medici a quella gastroscopia con tre medici e nel 2012 all’espletamento del concorso per il primario di chirurgia. Nella logica del potenziamento dell’ospedale fu anche la scelta di aprire a Piazza un corso di infermieristica in accordo con l’Università di Messina poiché i 180 studenti avrebbero svolto buona parte del loro tirocinio proprio presso i reparti del Chiello. Si trattava, in altre parole, di cercare di ridurre i danni in quella fase di grande contrazione della spesa sanitaria, in modo da traghettare il Chiello, verso una nuova modalità organizzativa che vide il suo quadro negli “Ospedali riuniti” proposti dal Comune per voce dell’assessore Innocenzo Di Carlo e poi fatta propria dal Vicepresidente Venturino.

Cosa è accaduto nell’ultimo triennio è visibile a tutti: smantellamento di fatto dell’Ospedale con il trasferimento silenzioso e senza alcuna opposizione da parte del Comune verso l’ospedale di Enna di personale medico e infermieristico (il primario di Chirurgia, tra tutti); depotenziamento dei servizi (otorinolaringoiatria e cardiologia sono diventati semplici ambulatori); chiusura del Corso di laurea di infermieristica, ecc.. Si poteva evitare tutto ciò? Io credo si, come è avvenuto per altri ospedali piccoli in altre provincie, sottoposti allo stesso attacco da parte della Regione. Ma sarebbe stato necessario continuare con la strategia della collaborazione piena tra amministrazione, consiglio e popolazione attraverso il comitato e con un settimanale confronto con manager e assessorato regionale. Sarebbero state indispensabili autorevolezza e interesse da parte dell’amministrazione. Nessuna di queste condizioni si è realizzata in questi anni. Ecco perché, al di là di roboanti dichiarazioni di tale amministratore o politico, l’ospedale Chiello rischia davvero di chiudere, come ha annunciato seraficamente il sindaco qualche tempo fa. Ecco perché è importante, anche se temo non decisivo, il fatto che la popolazione riprenda il ruolo di pungolo su un tema così importante. Ecco perché, infine, è importante la manifestazione del 6 novembre.

Ma c’è qualcosa che mi sembra andare in direzione opposta anche in questa occasione. Come mai il Comitato cittadino pro Chiello che opera da un decennio non è tra i protagonisti dell’iniziativa? Come mai, dopo che essa è stata comunicata quale manifestazione cittadina, adesso si sta configurando come iniziativa del Movimento 5 stelle? Che necessità c’è di affermare con forza sui social, a pochi giorni dalla data fissata che La manifestazione "6 novembre in marcia per il Chiello" è organizzata dal meetup di Piazza Armerina, che gli attivisti del M5s hanno versato un contributo economico per stampare locandine e manifesti (sono stati chiesti ad altri?), che il profilo facebook del gruppo "6 novembre in marcia per il Chiello" è gestito da un attivista? Che è stato il meetup di Piazza Armerina a chiedere i permessi alle autorità e a invitare la stampa regionale? Forse tutto ciò c’entra poco con il Chiello e molto con le amministrative del 2018 che si avvicinano velocemente. Ma se così fosse, temo che tutto ciò non farebbe bene alla causa del Chiello, mostrerebbe una spaccatura nella comunità piazzese, già abbastanza disarticolata. Quella per l’ospedale non è una battaglia in cui devono prevalere protagonismi politici e individuali che porterebbero subito in direzione opposta. Il tempo c’è ancora perché tutti si possano ritrovare alla Villa il 6 novembre.

Carmelo Nigrelli

DAL CANALE YOUTUBE DI STARTNEWS: LA MANIFESTAZIONE DEL 30 OTTOBRE 2015



 

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