.

31/01/2017 - 09:06:02

             1124

StartNews.it

 

IL FUNERALE DELLA STORIA

La tecnocrazia tende naturalmente alla sottomissione dei popoli che non intravedono alcun altra via se non quella tracciata dal web


Il funerale della storia Blogico 

di Paolo Centonze 

“Dio è morto” urlava nei propri scritti il filosofo Nietsche agli albori del secolo scorso e folle festanti di nazionalisti tedeschi applaudivano colui che dava sistematicità al loro pensiero. Ma Dio non era l'unico a cadere sotto la scure del pensiero nichilista, l'altro condannato a morte era la storia.  Il sapere non è una linea inarrestabile verso il progresso e pertanto nessuna conoscenza può  influenzare le scelte dell'umanità, la funzione escatologica-teleologica della storia voluta da Hegel è un falso ideologico. Il periodo in cui viviamo è in preda a un “ipertrofia” del sapere storico i cui sintomi sono un incomprensibile attaccamento al passato che spegne ogni volontà di agire nel presente. 

Sommessamente gli storici si interrogarono sul ruolo e la funzione del sapere storico: «Papà, spiegami allora a cosa serve la storia. Così un giovinetto, che mi è molto caro, interrogava, qualche anno fa, uno storico». Correva l'anno 1940 e con i Tedeschi alle porte di Parigi un francese, Marc Bloch, scriveva un saggio intitolato “Apologia della storia”. Il popolo francese si sentiva ingannato e tradito dagli intellettuali e soprattutto dagli storici che non avevano saputo cogliere il carattere innovativo e vincente del Nazismo. La linea del progresso è segnata e dalle ceneri delle socialdemocrazie nasceranno i nuovi ed efficientissimi sistemi totalitari.

Al funerale della storia si accodarono anche i Francesi che ignorarono Bloch per seguire le idee del filosofo Alexandre Koyève, francese di origine russa, che nei suoi saggi parlò di fine della storia e dell'assoluta inconsistenza del sapere legato alla ricerca di quelle che Bloch chiamava «le tinte autentiche». 
Le conseguenze sociali e politiche di questo ragionamento le conosciamo bene e subito dopo il delirio della guerra le popolazioni evolute protagoniste e responsabili degli efferati eccidi chiesero alla storia come tutto ciò era potuto accadere. Si cercò di recuperare le tradizioni millenarie della società occidentale essenzialmente basata sulla tolleranza del credo cristiano. 
La ragionevolezza durò un decennio, il tempo necessario per imbucare la strada del progresso e del benessere sfrenato per l'Occidente e dell'utopia marxista per l'Oriente. Intorno agli anni sessanta un filone di pensiero collega il decadimento della società occidentale all'avvento della tecnica. Il primo a metterli in corresponsione fu l'antropologo Arnold Gehlen in un suo libro del 1957, “L'uomo nell'era della tecnica”, si legge: «La critica storico-culturale, largamente affermatasi in Germania fin dalle opere di Nietzsche e di Spengler, rinuncia di rado ad una certa intonazione polemica nei confronti della tecnica. È questo un sintomo evidente del fatto che la nostra società non ha ancora concluso l’interno conflitto con i mutamenti radicali verificatisi nel suo seno a seguito dell’industrializzazione». Per l'antropologo tedesco l'uomo è un animale in continuo divenire che ha bisogno di sperimentare per adattarsi al territorio in cui vive. L'avvento della tecnica nel suo stadio avanzato ha portato la società a un punto di non ritorno e ha di fatto tracciato il percorso che la condurrà all'autodistruzione. La tecnica è stata da sempre intrecciata alla lotta con i suoi simili e naturalmente condurrà all'esclusione della cultura che si può salvare solo se inserita dentro il contesto tecnologico.

Il sessantotto mette in discussione le origini del pensiero occidentale; la protesta sfocia in rivoluzione che però non produce nessun effetto reale nelle società coinvolte. Finite le crisi energetiche muore l'utopia marxista e con essa l'unico modello di contrapposizione reale all'imperante capitalismo. «Siamo entrati nell'epoca della fine della storia, perché solo il sistema del liberalismo dominerà per sempre la politica mondiale», urlava nel 1992 il politologo statunitense Francis Fukuyama in un saggio intitolato “La fine della storia e l'ultimo uomo”. L'ideologia liberale ha sconfitto tutte le avverse concezioni della storia e nuovamente si riprende a percorrere una strada che condurrà al benessere e alla ricchezza dell'umanità. Lo studioso individua nella storia un corso intelligente che spinge gli uomini naturalmente verso la forma migliore di governo e di aggregazione. 
Successivamente, però, la nascita della rete e della realtà digitale conduce il neo conservatore a una profonda riflessione sulle sua visione del mondo e della storia. Nel 1999 scrive un saggio “La grande distruzione” in cui individua nell'era tecnologica l'unica responsabile della distruzione dell'ordine sociale poiché ha trasformato la vecchia società basata sul concetto di «comunità» in una fortemente individualista dove il protagonista è l'estraneo. Questo individualismo estremo che il filosofo chiama «patchwork» produrrà la naturale distruzione dei rapporti interpersonali. La causa di tutto ciò sembra proprio essere l'uso sconsiderato della tecnologia che ha prodotto un uomo oltre l'uomo (titolo di un altro libro del sociologo statunitense). 

Traendo le naturali conseguenze di questo ragionamento ci troviamo in un periodo che potremmo definire l'età della post-storia. La velocità dell'informazione costringe l'uomo contemporaneo a una continua corsa verso il futuro. Non si ha il tempo di valutare attentamente gli eventi che sembrano scorrere senza lasciare una traccia indelebile nelle nostre vite. 
Dal punto di vista politico il mondo disegnato dalla post-storia sembra guidato e indirizzato dai social network che vengono con un acronimo definiti Sppp (Spazi pubblici di proprietà privata). Questi spazi, usando una frase di Zuckeberg, non sono società di media e quindi non hanno il compito di verificare le notizie, però di fatto il loro obiettivo è quello di accrescere a dismisura il numero degli utenti connessi e quindi tendono al raggiungimento di una globalità tecnologica condivisa. Questa va affermata non con la forza, ma con la naturale persuasione che il benessere occidentale induce. Però a volte questa volontà si scontra con tradizioni millenarie e con convinzioni radicate difficilmente superabili. Se un mondo non condivide gli ideali dell'individualismo tecnocratico, allora nasce un conflitto che punta alla distruzione del diverso. Ribaltando dunque il punto di vista, l'attuale guerra tra i due mondi, l'occidentale e l'islamico, è una lotta di quest'ultimo per mantenere in vita la sua storia e i suoi valori. Molto spesso si parla di poteri transnazionali che controllano la società occidentale, ma in pochi si spingono a pensare che questi tendono a un mondo uniformato e controllato dall'imperante tecnologia. La tecnocrazia quindi vista come ultimo stadio della società, guidata dai neo-conservatori di tutti gli Stati tecnologicamente avanzati tende naturalmente alla sottomissione dei popoli che avendo perso ogni collegamento con la propria storia non intravedono alcun altra via se non quella tracciata dal web.

 Paolo Centonze





Potrebbero interessarti i seguenti articoli

24/01/2017 - I nuovi insegnanti e la verita' postfattuale.

Che questa nuova verità abbia prodotto delle storpiature appare evidente e che influenzi la vita quotidiana di tutti, soprattutto degli adolescenti , lo è altrettanto


17/01/2017 - Gli individualismi nella societa' tecnocratica

La coincidenza tra rappresentanza pubblica e collettivismo astratto è servita ai popoli per celare responsabilità nei più cruenti ed efferati eccidi che la storia ha vissuto


10/01/2017 - La nuova piazza digitale ed il populismo

E' doveroso fermarsi a riflettere per cercar di comprendere cosa splende sotto il sole del ventunesimo secolo.


02/01/2017 - L'informazione nella societa' tecnocratica

Che le post-truth siano il motore del populismo ormai sembra una verità assodata ma qual'è la soluzione?


29/12/2016 - I macrocosmi e la storia nera

Il come si racconta la propria storia è la parte costituente di una società, più importante delle forme di governo o dei governanti.


 

   Iscriviti alla nostra Mailing List

>

StartNews.it
Blog
sede:  Piazza Armerina
email: info@startnews.it