Blogico di Paolo Centonze
Tra qualche anno nei libri di storia si leggerà che il neo-nazionalismo o sovranismo, che dir si voglia, politicamente non nasce e si afferma con la vittoria del tycoon Trump, bensì dieci anni prima in Olanda dove si afferma politicamente un “ciuffo biondo a coda d'anatra” che risponde al nome di Geert Wilders. Nel 2006 il politico olandese si presenta alle elezioni con il partito da lui stesso fondato il Partij voor de Vrijheid (Partito della libertà) con idee ultra-nazionaliste, sioniste, anti-totalitarie e soprattutto anti-islamiche. Da allora il politico olandese ha iniziato una scalata inarrestabile che secondo i sondaggi lo porterà ad avere 1/3 dei voti nelle elezioni che si terranno il prossimo 15 marzo. Eppure l'Olanda non è un Paese in crisi: l'economia è in forte crescita, il mercato immobiliare ha ripreso i valori pre-crisi, il debito pubblico praticamente non esiste e il livello di disoccupazione è al di sotto del 5%. Il consenso quindi e la crescita del populismo di marca orange ha origini diverse da quelle economiche.
Dal punto di vista sociale stiamo parlando della Nazione che ospita la maggior quota di extra comunitari in Europa, soprattutto marocchini e turchi. La Nazione che ha accolto, senza batter ciglio, gli ex-coloni, ancora oggi vive nel rispetto di una multiculturalità che è stato da sempre un marchio di fabbrica della Repubblica Nordeuropea. A quanto pare il consenso crescente dell'ideologia nazionalista non dev'essere ricercata neanche in una riscoperta dell'identità culturale che non è mai esistita. Dunque quali sono le matrici culturali e ideologiche del successo di Widders? Il vero motore del nazionalismo olandese è la paura. Una crescente tensione nata dopo l'omicidio del celebre regista anti-islamico Theo Van Gogh nel 2004 per mano di un'estremista islamico marocchino e cresciuta piano piano fino a sfociare in forme concrete di odio, subito dopo l'attentato fallito contro la famiglia reale nel 2009.
Wilders cavalcando l'onda anti-islamica e proclamandosi difensore dei veri valori della società olandese, difende donne e omosessuali, inveisce contro il Profeta considerato assassino e pedofilo, paragona il Corano a Mein Kampf e ritiene quella islamica come una fede “militante” nata per distruggere la civiltà Europea, così come è già successo in passato all'Impero romano. Il tulipano nero quindi si erge a difensore della storia occidentale sciorinando una politica islamofoba, idealizzando i principi di libertà occidentali e portando avanti valori di estrema sinistra in politica economica: riduzione dell'età pensionabile, diminuzione delle franchigie per usufruire dell'assistenza sanitaria, aumento degli stipendi. Una tipica confusione creata, seppur involontariamente, sul modello dell'ideologia nazionalsocialista tedesca.
Jan Brokken uno dei più importanti scrittori olandesi viventi, autore di Anime Baltiche e Il giardino dei Cosacchi, sostiene che gli Europei, ormai abituati alla pace, hanno dimenticato l'orgoglio. Questo sentimento prima portava il popolo europeo a essere orgoglioso di poter aiutare e accogliere chi stava peggio, ora invece è diventato il simbolo della protezione della propria identità multiculturale. La paura della classe media olandese è quella di perdere non tanto il proprio benessere, ma soprattutto la propria cultura tollerante e multirazziale. Politici come Wilders hanno costruito quindi il loro consenso sulla paura e sull'orgoglio: la prima viene veicolata ad hoc sfruttando degli eventi che non hanno nulla a che fare con la sicurezza nazionale (per esempio l'abbattimento dell'aereo nei cieli dell'Ucraina nel 2014 nel quale morirono 193 cittadini olandesi), l'altro invece come frutto di un'identità socio-culturale che va ostinatamente difesa.
Se ciò non bastasse il tulipano nero dal ciuffo biondo ha creato la minoranza da combattere: i marocchini. Questi ultimi sono accusati di vivere in Olanda in gruppi che non accettano alcuna integrazione socio-culturale con gli altri. Il loro islamismo li rende diversi e l'errore commesso dai Partiti di governo è quello di non aver capito che i due modi di vivere sono incompatibili. L'attuale premier Mark Rutte, rendendosi conto che l'elettorato è proiettato verso questi intendimenti, ha anche lui cambiato rotta e in una recente intervista ha dichiarato «chi non si adegua ai valori del Paese in cui è emigrato deve lasciarlo».
Traendo le conclusioni di questa breve analisi potremmo affermare che è tutta la società olandese che si muove verso atteggiamenti di chiusura verso il mondo islamico per salvaguardare una multiculturalità interna che deve però aver come propri valori fondanti i principi della società occidentale. Gli estremisti di destra olandese non sono ignoranti populisti in cerca di facili soluzioni a problemi complessi, hanno individuato una strada, un percorso da seguire che è quello di cementificare la società in cui vivono, non permettendo a tutti di entrarne a far parte. L'Olanda da sempre antesignana di fenomeni culturali e sociali poi condivisi in Europa indica una via che è ben lontana dal facile populismo trumpiano o dal neo-razzismo di stampo francese.
Paolo Centonze
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