.

13/10/2010 - 14:04:15

             4083

StartNews.it

 

ARRESTATI DOPO 12 ANNI GLI AUTORI DELL’OMICIDIO DEL BOSS DI AIDONE GIUSEPPE MILILLI

Ieri pomeriggio sono finiti in manette cinque mafiosi.


Arrestati dopo 12 anni gli autori dell’omicidio del boss di Aidone Giuseppe MILILLI

«Comunicato Stampa Polizia di Stato»

Nel pomeriggio del 12 ottobre 2010, le Suqadre Mobili di Caltanissetta ed Enna, unitamente al Commissariato di P.S. di Niscemi hanno dato esecuzione a nr. 5 ordinanze di custodia cautelare emesse nell’ambito del procedimento penale (nr. 14081/09 R. G. N. R. ) dal Gip del Tribunale di Catania, dr.ssa Grazia Anna Caserta, su richiesta del Procuratore Capo, dr. Vincenzo D’Agata e del Pm dr. Fabio Scavone, a carico dei seguenti sottonotati: 1.LA ROCCA Gesualdointeso Aldo, nato a San Michele di Ganzaria (CT) il 09 aprile 1961, in atto detenuto per altra causa; 2.SICILIANO Salvatore, nato a Mazzarino (CL) il 30 agosto 1964, in atto detenuto per altra causa; 3.GHIANDA Francesco, nato a Mazzarino (CL) l’11 agosto 1960, in atto detenuto per altra causa; 4.BILLIZZI Massimo Carmelo, nato a Gela (CL) il 06 aprile 1975, in atto detenuto per altra causa; 5.MONTALTO Sebastiano, nato a Niscemi (CL) il 13 maggio 1969, in atto detenuto per altra causa in regime di arresti domiciliari, già sorvegliato speciale della Ps;   poiché ritenuti responsabili:   -LA ROCCA Gesualdo, del delitto di cui agli artt. 110 - 575 - 112/1° c. nn.1) e 2) c.p., per avere cagionato la morte di MILILLI Giuseppe, nato ad Aidone (EN) in data 05.12.1966 agendo, per raggiungere lo scopo, in concorso con SICILIANO Salvatore, GHIANDA Francesco, BILLIZZI Massimo Carmelo, MONTALTO Sebastiano e EMMANUELLO Daniele Salvatore (quest’ultimo nel frattempo deceduto), promuovendo e organizzando, unitamente al citato EMMANUELLO Daniele Salvatore, il delitto medesimo, pianificando l’imboscata nel corso della quale il MILILLI Giuseppe doveva essere ucciso. Con l’aggravante per tutti prevista dall’art. 7 L. 203/91 per aver commesso il delitto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale, e cioè della loro appartenenza alla organizzazione di stampo mafioso denominata “cosa nostra”.   In Niscemi nella C/da Arcia in data 10 febbraio 1998     -SICILIANO Salvatore, GHIANDA Francesco, BILLIZZI Massimo Carmelo, MONTALTO Sebastiano, del delitto di cui agli art. 110 - 575- 112/1° c. nn.1) c.p., per avere cagionato la morte di MILILLI Giuseppe agendo in numero superiore alle cinque persone. Con l’aggravante per tutti prevista dall’art. 7 L. 203/91 per aver commesso il delitto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale, e cioè della loro appartenenza alla organizzazione di stampo mafioso denominata “cosa nostra”.   In Niscemi nella C/da Arcia in data 10 febbraio 1998   -Tutti del delitto di cui all’art. 110 - 411 - 61/2° c.p., per avere distrutto il cadavere del MILILLI Giuseppe cremandolo all’interno di un fusto riempito di nafta, allo scopo di occultare l’avvenuto omicidio. Con l’aggravante per tutti prevista dall’art. 7 L. 203/91 per aver commesso il delitto avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale, e cioè della loro appartenenza alla organizzazione di stampo mafioso denominata “cosa nostra”.   In Niscemi nella C/da Arcia in data 10 febbraio 1998     La vittima dell’omicidio era all’epoca dei fatti ritenuto elemento di spicco di cosa nostra operante ad Aidone (EN), sodalizio facente capo a livello provinciale al boss detenuto MATTIOLO Giovanni. Tuttavia nel territorio ennese, oltre al gruppo capeggiato dal citato MATTIOLO, operava uno schieramento “perdente” vicino alla “corrente” dei MADONIA di PROVENZANO Bernardo.   Entrambe le locali consorterie mafiose privilegiavano, tra le loro attività illecite, quella afferente al controllo del settore edile, in particolare con riferimento alla gestione di appalti e sub-appalti, nonché del settore delle forniture di materiali per costruzione e del movimento terra.   Il MILILLI era considerato elemento di elevato spessore, dedito alle estorsioni, considerato braccio armato della organizzazione, pronto ad essere utilizzato in azioni sanguinarie da portare a termine anche in altre province siciliane, e veniva inserito in contesti mafiosi ad ampio raggio comprendenti le province di Catania-Caltanissetta ed Enna. Molti imprenditori edili della provincia ennese aveva come suo “referente” MILILLI Giuseppe, il quale, a sua volta, faceva capo a MATTIOLO Giovanni, inteso “zè Giuanni”, “rappresentante provinciale” di Enna della consorteria mafiosa.   Tale profilo criminale trova conforto nelle indagini, anche tecniche, esperite dalla Squadre Mobili nissena ed ennese gli anni 1995-1998, a seguito delle quali il G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta emetteva, in data 25.03.1998, ordinanza di custodia cautelare nr. 2175/95 R.G.N.R. n. 1726/96 R.GIP e n. 10/98 ROMIC, a carico di MILILLI Giuseppe che, in concorso con altri, veniva indagato per l’art. 416/bis comma 1-2-3-4-6 c.p., perché facente parte dell’associazione denominata cosa nostra ed in particolare del nucleo denominato “famiglia di Aidone”. Tale ordinanza è da sempre rimasta ineseguita per la scomparsa dello stesso, probabilmente vittima della c.d. “lupara bianca” per il contrasto esistente con il summenzionato gruppo di Piazza Armerina.   In tale contesto si colloca l’episodio delittuoso in questione che vede quale mandante LA ROCCA Gesualdo Giuseppe e quali esecutori MONTALTO Sebastiano, BILLIZZI Massimo Carmelo, SICILIANO Salvatore, EMMANUELLO Daniele (deceduto), GHIANDA Francesco, unitamente allo stesso LA ROCCA Gesualdo Giuseppe.   Con la collaborazione fornita alla Squadra Mobile di Caltanissetta da alcuni collaboratori, si acquisivano importanti elementi in ordine all’omicidio di Giuseppe MILILLI, detto “u prosciuttaru”, delitto posto in essere da un “squadra di morte” capeggiata dal boss deceduto EMMANUELLO Daniele.   La Squadra Mobile di Enna, nel corso di indagini svolte nell’ambito del p.p. 133/97 pendente preso la Procura della Repubblica – D.D.A. di Caltanissetta, apprendeva della scomparsa di MILILLI Giuseppe dall’ascolto di più conversazioni ambientale intercorsa sull’auto di CALCAGNO Domenico tra questi ed esponenti mafiosi, dell’aidonese, in epoca successiva alla scomparsa, quando però i familiari non avevano ancora sporto alcuna denuncia di scomparsa.   Nel corso della citata conversazione i dialoganti, elementi interni a cosa nostra aidonese e facenti capo al MELILLI, si interrogavano sulla sua scomparsa, della quale cercava di attingere notizie il rappresentante provinciale MATTIOLO Giovanni, il quale, però, sembrava essere tenuto all’oscuro di importanti particolari relativi alla sparizione, poi meglio disvelati dai collaboranti, particolari che già emergevano nel corso delle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Enna, relativamente al fatto che il MILILLI si sarebbe allontanato unitamente al SICILIANO, in rubrica indicato, poiché doveva incontrarsi con “Carmelo” di Gela (CL) e “Aldo” (LA ROCCA) il quale, interpellato, non si era fatto trovare più volte, emergendo che erano state chieste notizie anche a tale “Gianfranco”.   La scomparsa di MILILLI costituiva l’argomento principale di un’altra importante conversazione intercorsa il 16 febbraio 1998, tra CALCAGNO Domenico ed altri soggetti del medesimo sodalizio criminale, nel corso della quale, dopo aver ripreso il discorso circa il fatto di poter contare sul fatto che il genitore di MILILLI avrebbe denunciato la scomparsa del figlio solo quando loro gli avrebbero detto che fosse il momento opportuno e che, interrogato dalla Polizia, si sarebbe attenuto a riferire solo quanto con loro concordato, facendo delle ennesime supposizioni sul motivo della scomparsa CALCAGNO Domenico affermava testualmente: “…se lo sono venduti, hai capito? Digli di fare la denuncia”.   Si delineava il contrasto interno in atto, in seno all’organizzazione in cui militavano MILILLI Giuseppe, MINACAPILLI Giovanni, gli stessi dialoganti ed altri sodali. Inoltre emergeva che MINACAPILLI Giovanni e MILILLI Giuseppe, il primo rimasto vittima di un agguato mortale, avvenuto il 24.01.1998, e il secondo scomparso il 9 Febbraio successivo, avevano raggiunto posizioni di rilievo all’interno dell’associazione e, pertanto, la decisione dello loro eliminazione, sicuramente, era stata presa a livello di vertice dell’organizzazione mafiosa per arginare la loro ascesa al potere.   In considerazione di ciò, loro potevano solo prenderne atto e, non potendo fare diversamente, avrebbero solo dovuto attendere la riorganizzazione delle file e del nuovo referente provinciale, vista la soppressione del MELILLI che - ricordavano - aveva loro assegnato il ruolo ricoperto nell’organizzazione criminale.   Effettivamente, la moglie ed il padre di MILILLI Giuseppe, solo il 20 Febbraio 1998 sporgevano denuncia di scomparsa del loro congiunto, asserendo di non poter fornire alcuna indicazione utile in merito a tale evento.   Giovanni MINACAPILLI veniva indicato da collaboratori di giustizia dapprima quale semplice “avvicinato” e poi quale “uomo d’onore” della locale “famiglia” di “cosa nostra”, che aveva partecipato all’agguato commesso ad Enna ai danni di un soggetto di Assoro, detto “il bandito”, responsabile negli anni ‘96/’97 della zona della valle del Dittaino, prima dell’avvento di MILILLI e MINACAPILLI. Tale tentato omicidio - sempre a dire del citato collaboratore di giustizia -si inquadrava nel contesto della contrapposizione all’epoca in atto nella “provincia” di Enna tra i fedelissimi di Giuseppe MADONIA ed il gruppo capeggiato da MATTIOLO Giovanni che aveva decretato l’atto omicidiario in quanto riteneva la vittima una spia del “clan” Madonia. L’agguato sarebbe stato eseguito materialmente da MINACAPILLI Giovanni e MILILLI Giuseppe e la reazione del gruppo contrapposto non tardò ad arrivare: infatti, il 24 gennaio 1998, MINACAPILLI moriva vittima di un agguato ad Aidone e la medesima sorte toccava a MILILLI il 10.02.1998.   Gli autori dell’omicidio ai danni di MINACAPILLI Giovanni sono stati individuati grazie anche alla collaborazione di altri pentiti, tutti di Enna.   Le conversazioni intercettate di cui si è parlato sopra tra i complici del MILILLI Giuseppe coincidono quindi sostanzialmente con quanto riferito dai collaboranti che hanno fornito dichiarazioni sin dallo scorso 2009, con particolare riguard -Al fatto che il MILILLI Giuseppe si era allontanato da Aidone in compagnia di SICILIANO Salvatore da Mazzarino; -Che aveva appuntamento con tale ALDO, che va compiutamente identificato in LA ROCCA Gesualdo inteso “Aldo”, nato a San Michele di Ganzaria (CT) il 09.04.1961, nipote del noto boss mafioso LA ROCCA Francesco, inteso “Ciccio”. -Lo stesso ALDO, a dire di uno dei sodali all’organizzazione che aveva tentato di parlargli per attingere notizie, era irrintracciabile da diversi giorni. -Al fatto che avesse appuntamento anche con tale Carmelo da Gela con il quale, a dire degli intercettati sopra indicati, era solito incontrarsi presso quel Centro. Infatti, come emerso da molteplici indagini, Carmelo era lo pseudonimo utilizzato dai complici di Daniele EMMANUELLO, e in particolare dalle persone più vicine che ne curavano e assicuravano la latitanza, per indicare lo stesso. Il MILILLI Giuseppe aveva quindi appuntamento nei pressi di Gela proprio con l’EMMANUELLO Daniele, del quale certamente conosceva lo pseudonimo, avendo a sua volta coperto la latitanza in territorio di Enna, come riferito da uno dei recenti collaboranti. -Alla presenza di un secondo personaggio che aveva accompagnato il MILILLI Giuseppe a Pietraperzia e quindi sul luogo dell’esiziale appuntamento con ALDO e CARMELO: soggetto sulla cui identificazione il CALCAGNO Domenico si angustiava nel corso della conversazione in argomento. Lo stesso va identificato nel GHIANDA Francesco nato a Mazzarino in data 11.01.1960, affiliato alla cosca di quel centro integrata in cosa nostra, attualmente detenuto per duplice omicidio, indicato come altro partecipante al delitto. Peraltro, il GHIANDA Francesco sarebbe personaggio storicamente legato anche a LA ROCCA Gianfranco, come riferito da altro collaboratore di giustizia. Il citato LA ROCCA Gianfranco va quindi identificato nel GIANFRANCO menzionato nelle conversazioni intercorrenti tra CALCAGNO Domenico ed altro soggetto, al quale quest’ultimo voleva rivolgersi in alternativa al LA ROCCA “Aldo”, per avere notizie sulla scomparsa del MILILLI Giuseppe. Nell’ottobre 2009, gli investigatori delle Squadre Mobili di Caltanissetta ed Enna procedevano da ispezione dei luoghi nella contrada Arcia, individuando la casa e il terreno presso il quale fu ucciso il MILILLI. -Altro collaboratore di giustizia riferiva che, nel 1998, egli rimase nascosto con altri complici per due giorni in una villetta, a Pietraperzia, in attesa di eseguire un omicidio. In quella circostanza incontrò, all’interno dell’immobile, anche un tale GIUSEPPE, che gli venne indicato quale responsabile della provincia di Enna. Aggiungeva che apprese successivamente dell’omicidio in danno del GIUSEPPE. Ciò coincide con quanto riferito a CALCAGNO Domenico nel corso della conversazione intercettata in data 15 febbraio 1998 dalla Squadra Mobile di Enna,in particolare con riferimento alla notizia appresa da ANZALLO Giuseppe, secondo cui il MILILLI Giuseppe, martedì 10 Febbraio 1998, era stato a Pietraperzia. Il MILILLI Giuseppe quindi, accompagnato dai predetti SICILIANO Salvatore e GHIANDA Francesco, il 9 febbraio si era allontanato da Aidone e aveva pernottato nella villetta di Pietraperzia, dalla quale era ripartito il 10 febbraio per recarsi quella stessa sera alle 20,00 sul luogo del fatale appuntamento con CARMELO e ALDO.   L’omicidio del MILILLI Giuseppe va quindi temporalmente stabilito alla data del 10 febbraio 1998.   Ad esito delle investigazioni, in data 23.10.2009 le citate Squadra Mobili presentavano alla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, la C.N.R., con cui venivano deferiti 7 soggetti, appartenenti alle famiglie mafiose di cosa nostra operanti a Niscemi, Gela e Mazzarino (CL), nonché a San Michele di Ganzeria (CT), ritenuti responsabili dell’omicidio in danno di MILILLI Giuseppe, “astro nascente” di cosa nostra della provincia di Enna, nonché della distruzione del suo cadavere.   Le indagini hanno consentito di accertare che i citati esponenti delle cosche mafiose di San Michele di Ganzaria, Gela, Niscemi e Mazzarino, diretti e coordinati da LA ROCCA Gesualdo e da EMMANUELLO Daniele Salvatore, al fine di contrastare l’ascesa in provincia di Enna del MILILLI Giuseppe, figura emergente del panorama mafioso di quella provincia, lo attiravano con l’inganno in un casolare insistente nella contrada Arcia del territorio di Niscemi, ove lo uccidevano mediante strangolamento. Immediatamente dopo l’omicidio, i predetti distruggevano il cadavere della vittima dandolo alle fiamme all’interno di un fusto di carburante riempito con gasolio.   Le investigazioni, positivamente valutate dal Tribunale nisseno, consentivano di accertare che i delitti venivano consumati in data 10 febbraio 1998, secondo le modalità ed i partecipanti, sopra compiutamente delineati.



 

   Iscriviti alla nostra Mailing List

>

StartNews.it
Blog
sede:  Piazza Armerina
email: info@startnews.it