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15/04/2014 - 10:07:19

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RENZI E LE RIFORME. LA LEGGE ELETTORALE

E' indispensabile ritornare alla politica “seria” ed ad una struttura partitica che possa richiamarsi a quella della vituperata prima Repubblica


Renzi e le riforme. La legge elettorale

Dal momento in cui Renzi ha preso possesso di Palazzo Chigi giornalmente tutti i media, nelle diverse trasmissioni, discutono e si confrontano sulla attività del governo, sulle annunziate riforme, sullo stato dell'economia e sulla finanza del nostro paese.
Vorrei, in questa sede, fare delle considerazioni sulla riforma della legge elettorale, riservandomi di intervenire sugli altri temi del dibattito. Per la legge elettorale approvata dalla Camera la discussione verte sia sulle mancate preferenze, sia sulle quota rosa  ma, principalmente, sul quorum previsto per concorrere nella distribuzione dei  seggi da attribuire.


Viene considerato ingiusto ed incostituzionale il quorum che, indirettamente, trasferirebbe tutti i voti assegnati alle liste che non raggiungessero quello previsto, ad altre liste concorrenti mortificando il significato della provenienza politica di questi voti.
Considerazione seria dal punto di vista etico, ma inconsistente dal punto di vista politico, se si considera che per la prossima tornata elettorale sono stati depositati oltre settanta simboli, teoricamente per altrettante liste da presentare, che potrebbero determinare un tale  frazionamento del risultato elettorale che aggraverebbe la  ingovernabilità del paese.
Nel 1988, in un articolo pubblicato sulla rivista The Lion, trattando molti aspetti discutibili della legge elettorale allora vigente, mi soffermai su un aspetto della legge relativa alla elezione del Senato.

 

La legge prevedeva la elezione di 218 Senatori in  218 collegi elettorali con un sistema uninominale corretto, garantendo la elezione di un senatore in ogni collegio. Successivamente, con legge costituzionale del 27 dicembre 1963, il numero dei Senatori da eleggere venne portato da 218 a 315 senza modificare il numero dei collegi elettorali.
La mancata modifica del numero dei collegi  non è stata una mera dimenticanza, ma espressamente voluta dal legislatore il quale, non ha tenuto conto di quanto previsto dall'art.2 della legge 6 febbraio 1948 “in ogni regione sono costituiti tanti collegi quanti sono i Senatori ad essa assegnati”.
Ma la legge fu talmente modificata, manipolata ed attentamente interpretata, che non garantì più la elezione di un Senatore in ogni collegio, nonostante fosse stato aumentato il numero dei Senatori da eleggere da 218 a 315.

 


Prendendo ad esempio la Sicilia, suddivisa in 22 collegi, doveva eleggere 26 Senatori i quali, per la loro elezione, erano  in concorrenza con i candidati di 22 collegi, impedendo a molti cittadini di poter essere presenti nella competizione elettorale in ben  altri 4 collegi
Ma la legge prevedeva anche l'assurdo su cui  il dibattito di oggi è molto acceso.
Se per ipotesi, in occasione della competizione elettorale, un partito avesse ottenuto tanti voti per la elezione di un numero maggiore dei candidati, si vedrebbe penalizzato non potendo avere una rappresentanza maggiore rispetto al numero dei candidati.
Cosa molto difficile, anche se in Sicilia non tutti hanno dimenticato il famoso 61 a 0.
Ma l'attento legislatore aveva considerato anche questo particolare aspetto , infatti, l'art.19, della citata legge del 6 febbraio 1948, stabiliva che “ se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti esuberanti sono distribuiti secondo l'ordine di graduatoria dei quozienti” quindi, se non poteva essere dichiarato eletto un candidato della Democrazia Cristiana  al suo posto poteva sedere un candidato del Partito Comunista.
Cosa che si verificherà in occasione delle prossime elezioni.
E' indispensabile ritornare alla politica “seria” ed ad una struttura partitica che possa richiamarsi a quella della vituperata prima Repubblica.



 

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