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25/05/2016 - 08:44:46

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QUELLA CHE PER GLI ALTRI È LA SICILIANITÀ' PER NOI É UNA FILOSOFIA DI VITA

Dappertutto' giacimenti culturali ancora austeri nella loro bellezza' che il tempo ci ha donato quasi intatti e che l'incuria dell'uomo tende a dimenticarli.


Quella che per gli altri è la sicilianità' per noi é una filosofia  di vita Se visitare la Sicilia oggi significa riappropriarsi del percorso della storia e del fascino che ancora oggi la natura ha sull'uomo, una storia che dai Fenici passa dagli Elimi, Sikani, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini e Spagnoli, viverla vuol dire carpire dentro le pietre del passato e dei monumenti del presente le tracce di secoli che non sono più, ma di cui restano odori, sapori e tradizioni. Una Sicilia che si racconta in modo diverso, a seconda se si visiti la parte occidentale, piuttosto che quella orientale. Poi, l'entroterra, immerso nel verde. Dappertutto, giacimenti culturali ancora austeri nella loro bellezza, che il tempo ci ha donato quasi intatti e che l'incuria dell'uomo tende a dimenticarli.

Quello che era il granaio di Roma, sono ora frutteti e vigneti, perlopiù. Le strade sono rimaste quelle dei Borboni, cosicché anche di costoro, possiamo dire, sono rimasti segni tangibili della loro presenza. D'altronde, se le amministrazioni regionali e provinciali del passato non hanno voluto intervenire per migliorare la viabilità, certamente, in un'ottica di conservazione dei beni, dobbiamo pensare che non sia stato per negligenza, per incapacità, indolenza, strafottenza  e quant'altro, ma per quella delicatezza e sensibilità che noi siciliani abbiamo innate, perché siamo troppo tradizionali e legati al passato, non riusciamo a disfarci di quello che ci hanno lasciato i nostri avi. Vuoi mettere il fascino di percorrere una regia trazzera o una strada interpoderale, che sfrecciare in più dinamiche e asfaltate strade come nel resto della penisola, evitando mucche e pecore?

Ci annoieremmo di sicuro e i turisti non avrebbero occasioni per fermarsi e immortalare estasiati il momento con qualche scatto. Anche le nostre riforme, mi riferisco alle norme votate dalla nostra assemblea regionale, la più antica d'Europa, sono dettate dalla cultura e storia ereditata, un mix di arabo, spagnolo e francese, che non ci consente di fare leggi semplici, chi le capirebbe? Abbiamo sempre la velleità di essere originali, di sfornare autentici prototipi di organizzazioni pubbliche e riordini privati a nostro consumo, che gli altri, gli italiani, per la loro diversità, non riescono a comprendere, ritenendo, a torto, che siamo incapaci e pigri. Nel contempo, qualche legge e leggina per gli amici e per gli amici degli amici non è stata mai lesinata a nessuno. Tutti tengono famiglia.

Sentiamo anche l'obbligo di modificare le norme che da Roma dovremmo recepire sic et sempliciter e che invece stravolgiamo per la conseguente necessità di adattarle ad un modus vivendi che solo qui si può trovare. Ma anche di non recepirle, consci come siamo che senza possiamo vivere meglio, perché inutili, non ci servirebbero. Laboratori per nuove logiche politiche? Siamo spesso i primi a proporli agli altri, agli italiani. Il compromesso storico? Lo abbiamo inventato noi siciliani e da allora non abbiamo saputo farne a meno. Destra, sinistra, centro, sono opinioni, modi di vedere la politica e i rapporti, declinazioni e movimenti del corpo, a seconda di come si ruoti.

Qui, siamo figli della stessa madre, la Sicilia. L'indipendentismo, l'autonomismo? L'abbiamo inventato sempre noi e non c'é stagione che il tema non venga riproposto da qualche emergente in occasione di competizioni elettorali per far leva sull'orgoglio isolano e per raccogliere qualche voticino. Il ponte sullo stretto? Non si farà mai? A noi non serve. Siamo anche un popolo di pescatori e navigatori, amiamo il mare, il dondolìo dell'acqua, quando è a forza sette, e non temiamo di essere sbattuti da una parte all'altra della nave. A cosa servirebbe un ponte? Per non perdere tempo a Messina e privarci di gustare la pignoccata? A dotarci di treni ad alta velocità, per percorrere l'Isola in un'ora? Troppo stress. E i nostri carri ferroviari a scartamento ridotto? Metti la serenità di spostarsi tranquillamente dai Nebrodi alle Madonie in cinque ore, fermandosi nelle tante stazioni del litoraneo.

E gli arancini sul ferry boat? Non possiamo mescolarci agli altri. Abbiamo costruito il Regno delle due Sicilie, manco una, e stabilito il capoluogo a Palermo, annettendo territori dalla Calabria alla Campania, passando dalla Puglia, prima che i piemontesi ci privassero di tutto, correo Peppino Garibaldi, ancora se lo ricordano a Bronte, facendoci credere che saremmo stati meglio. Il nostro sciuri sciuri é diventato fratelli d'Italia, la stessa di Renzi. Al logorrismo degli altri, abbiamo proposto la nostra gesualità, gli sguardi, che solo noi comprendiamo. I telegrammi, le raccomandate, i fax, le mail? Da sempre adoperiamo i pizzini, semplici e riservati. Che possiamo farci, quella che per gli altri è la sicilianità, per noi é una filosofia di vita.

Michelangelo Trebastoni



 

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