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19/11/2016 - 09:39:12

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PIAZZA, MAGLIA NERA ITALIANA DELLA CULTURA

Sarebbe stato bellissimo che la città ottenesse il riconoscimento di Capitale della Cultura e invece è stata subito estromessa. Perché?


Piazza, maglia nera italiana della cultura Il sabato del Villaggio
Carmelo Nigrelli

Ricordate Totòtruffa? Quel bel film di Camillo Mastrocinque del 1962 in cui Totò con la complicità di Nino Taranto vende a un turista americano la Fontana di Trevi? (GUARDA VIDEO). Ebbene sul finire dell’estate Piazza è stato il set di una sceneggiata analoga. A fare la parte dei venditori, però, non erano solo due persone, ma un ampio gruppo di amministratori, trombettieri, tamburini e lacchè della prima, della seconda e perfino della terza ora.«La nostra città ha tutti i requisiti per partecipare e vincere – dichiarava impettito il primo cittadino – Piazza Armerina, a parte la Villa Romana del Casale, trasuda in ogni suo angolo storia, arte e cultura ragion per cui con un progetto ben strutturato ha tutte le credenziali per ambire a questo titolo».

E dietro a lui, improvvisate vestali del turismo, (im)prenditori del settore a fasi alterne, banditori e banniaturi da carta stampata, da etere e da web (social e non) e frequentatori di bar, tutti ad esaltare la grande azione di promozione turistica che sperabilmente sarebbe derivata dal riconoscimento. Macchè sperabilmente!! Certamente!! Anzi, al terzo giorno le persone ti fermavano per strada dicendo: hai visto che Piazza è capitale italiana della cultura?

E d’altra parte questa è la città di contrada Centova, così chiamata perché tanti anni fa Sasà, un piazzese che gironzolava per quella contrada, trovò una gallina che covava, le rubò l’uovo da sotto il culo e se lo bevve. Rientrando in città incontrò un bracciante e, tutto festante, gli disse: sapete, ho trovato cinque uova in campagna! Poco più in là si imbattè in due donne che si recavano al lavatoio e, sbracciando da lontano, urlò: ho trovato dieci uova in campagna! Più camminava e più era contento. Giunto all’ingresso della città si fermò nel fondaco ed entrando diede la bella notizia: sono stato in campagna stamattina, di buon’ora, e ho trovato 50 uova di gallina fresche e saporite! Tutti alzarono il bicchiere per fare un bel brindisi. 
Il piazzese allora uscì di corsa per portare la bella notizia a casa e, passando dalla piazza della Pescheria (così si chiamava piazza Garibaldi) affollata come a mezz’agosto, salì sulle scale del Circolo dei Nobili (così si chiamava il circolo di cultura) e annunziò il grande ritrovamento: stamattina in campagna, vicino Tredici finestre, ho trovato cento uova!!! Evviva! Evviva! batterono le mani tutti gli astanti e due carrettieri, che stazionavano sempre nell’angolo, lo presero sulle spalle e lo portarono in trionfo fino a casa sua.

Sceso dalle spalle dei due energumeni, Sasà entrò felice a casa dove l’aspettava sua moglie Carmelina che, vedendolo giungere a mani vuote, gli chiese cosa avesse portato per preparare il pranzo. Sasà la guardò e, come se si fosse risvegliato dal sogno, si guardò le mani, guardò sua moglie e rispose: trovai un uovo e me lo bevvi. Era caldo caldo … La moglie, possente contadina, lo prese a timbulate e lo sbatté fuori di casa inseguendolo con il cucchiaio di legno grande. Quello per fare la salsa nella caldera.
Così finì al nostro primo cittadino e alla sua corte di musici e lacchè sulla Capitale italiana della cultura.
Non è una buona notizia. Sarebbe stato bellissimo che la città ottenesse il riconoscimento e, invece, è stata subito estromessa.Perché?
Il bando per il conferimento del titolo “Capitale Italiana della Cultura”, cui possono partecipare città che si sono già distinte nei settori interessati, prevede che venga presentato un dossier con un dettagliato programma – comprensivo di coperture finanziarie – con certe caratteristiche, prima fra tutte quelle di configurarsi come un programma di sviluppo locale strategico. Poi dovrà essere innovativo; dovrà «valorizzare le Industrie culturali e creative e le relative filiere produttive; favorire processi di rigenerazione e riqualificazione urbana; promuovere la cooperazione tra operatori culturali e turistici; favorire la partecipazione attiva degli abitanti della città e del suo circondario» e tanto altro. 

La città ha presentato la candidatura dopo avere svolto, nel settore, le seguenti attività: chiusura delle seguente attrezzature culturali nel centro storico: ex convento di Sant’Anna, casa della Cultura; cambio di destinazione d’uso di altre attrezzature culturali (Monte Prestami a ufficio di informazioni turistiche, secondo alcuni abusivo); sottoutilizzazione, per non dire abbandono di altre attrezzature culturali (Pinacoteca comunale, Biblioteca comunale e Mostra permanente del libro antico); disinteresse per attrattori culturali privati (Mostra della civiltà dello zolfo presso la Lega Zolfatai); annullamento di eventi culturali calendarizzati di livello nazionale (PiazzaJazz, l’ultima settimana di luglio; Libri sotto il gelso, tra luglio e settembre, Medieterranea, a cavallo di San Giuseppe, a marzo, Artesiana presso la Villa romana del Casale) e che riempivano le strutture ricettive. Inoltre ha restituito ai proprietari quattro quadri di Giuseppe Paladino già consegnati al comune perché arricchissero la pinacoteca. E ancora ha trasformato l’evento storico più importante, il Palio dei Normanni, in una mascherata portata in giro tra i carnevali di Sicilia e lasciata alla mercé di chiunque. Si è perfino fatta scappare il 30% dei proventi della Villa.
Insomma un percorso che dovrebbe valere alla Città di Piazza Armerina, piuttosto, la maglia nera italiana come la città che più ha ignorato la cultura in Italia. E con questo curriculum si è presentata la bando. Alla faccia!

E non poteva essere altrimenti dato che tutti costoro hanno sostenuto con sussiego che «con la cultura non si mangia», che i pruriti culturali di alcuni non erano serviti alla città, ma a soddisfare proprie passioni e fissazioni.
Sta di fatto che nel 2012, con la Villa chiusa fino a luglio, i pernottamenti a Piazza erano stati oltre 42500, mentre nel 2015 sono stati 29500 con una perdita netta di 13 mila pernottamenti pari al 31,5%, mentre il resto della Sicilia registrava un +30%. Se un turista che pernotta lascia in totale 100 euro, vuol dire che si sono persi 1,3 milioni di euro all’anno.
Quindi, con la cultura, molti hanno mangiato e ora sono in difficoltà.

Era dunque una truffa. Se così non fosse stato, le risposte a Ugo Adamo, tra i massimi esperti a Piazza di archeologia siciliana, avrebbero avuto risposta, invece di provocare un assordante silenzio durato 45 giorni e rimasto tombale.  (LEGGI ARTICOLO). 
Porre quelle domande significava agire con serietà mentre, con la semplificazione che avvilisce ogni ragionamento in questa fase della storia italiana, trombettieri, tamburini e lacchè parlarono di gufi, così come parlano di gufi adesso, come se la bocciatura non fosse l’esito di una comparsata, ma del malocchio!
Affermava Adamo, e tutti condividiamo, che «la candidatura potrebbe essere una grossa opportunità per la nostra città, oppure potrebbe esporla al rischio di clamorose bocciature con pesanti ricadute anche su quel poco che è rimasto del turismo esterno».
Così è avvenuto e non ne siamo contenti. Solo osserviamo che le cose vanno fatte con metodo, con raziocinio, mettendo insieme idee, capacità e, soprattutto, credibilità. Tutte cose a Piazza ormai rare.

Carmelo Nigrelli



 

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