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10/12/2016 - 08:31:12

             2008

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REFERENNANDUM: EFFETTI DEL TERREMOTO REFERENDARIO TRA VECCHI LEADER E UN NUOVO ANCORA INDEFINITO.

Mirello Crisafulli ha commesso il suo terzo errore politico degli ultimi anni, segnale ulteriore di una perdita di smalto.


ReferENNAndum: effetti del terremoto referendario tra vecchi leader e un nuovo ancora  indefinito. Il sabato del Villaggio
Carmelo Nigrelli
 

Meno di otto giorni fa anche nel territorio del Consorzio di Enna si è abbattuto il ciclone referendum con i suoi risultati previsti, ma non nella misura.Nella ex provincia rossa della Sicilia hanno votato poco più di 77 mila persone di cui solo 25 mila, il 32,65%, ha gradito la riforma costituzionale sostenuta dal presidente Renzi. Un dato inferiore alla media italiana, ma superiore a quello della Sicilia dove solo il 28,4% ha votato Si.

La prima riflessione è immediata. Mirello Crisafulli ha commesso il suo terzo errore politico degli ultimi anni, segnale ulteriore di una perdita di smalto: dopo le malnate idee di fare il segretario provinciale del Pd e di candidarsi a sindaco di Enna, (ma qualcuno glielo aveva sconsigliato in entrambi i casi, non ascoltato) anche questa volta il calcolo è stato sbagliato. La sua adesione al Si poteva essere letta come il tentativo di dimostrare la sua ineluttabilità nel centro della Sicilia, sia nel caso che avesse vinto il Si, sia nel caso che avesse perso di misura. Le dimensioni della sconfitta, invece, mettono a nudo che anche il “senatore della tua terra” sta perdendo il polso delle comunità. Il che è un problema, dal momento che non si vede emergere nessun altro leader capace di difendere interessi e specificità della Sicilia interna, come ha fatto Crisafulli, indipendentemente dal giudizio che si dà sulla sua azione, per trenta anni.

Proprio in questo frangente di difficoltà politica della classe vecchia dirigente non riesce a inserirsi l’area Renzi che, forte del commissariamento fantasma, ha tentato la spallata sia contro i democratici crisafulliani che per regolare i conti al suo interno. I risultati sono nulli nel primo caso, mentre nel secondo si è prodotto solo l’abbandono del partito di parte dell’elettorato, senza significative sostituzioni.

Anzi le sue acquisizioni di pezzi di ceto politico clientelare hanno mostrato lo scarso peso politico delle operazioni: a Leonforte, Nicosia, Piazza e Regalbuto, città i cui sindaci sarebbero passati al PdR (Partito di Renzi) nell’ultimo anno, la performance del Si è stata nella media consortile. A Leonforte il 33,91%, a Nicosia il 32,33%, a Piazza il 31,82%, a Regalbuto il 32,50% mostrando che queste operazioni, nella migliore delle ipotesi, non hanno portato alcun beneficio in termini di voti. A spiccare sono stati invece i risultati di due altre città: Gagliano e Troina che si collocano al secondo e terzo posto in Sicilia per percentuale del Si (46,83% a Gagliano e 42,32 nella città del sindaco Fabio Venezia, unica personalità nel consorzio in forte crescita di visibilità e di autorevolezza anche nazionale grazie alla sua azione amministrativa).
Ma il tema più importante riguarda quegli oltre 51 mila cittadini che hanno votato No. Sia a livello consortile (non possiamo più dire provinciale) che delle singole città non si vedono emergere leader nella destra di Forza Italia o dei partiti più piccoli. Chi avrebbe potuto oggi lucrare sulla crisi del Pd e sul probabile ricompattamento del centro destra, l’assessora Lantieri che era stata eletta nella lista di Gianfranco Micciché, ha invece fatto un contorto percorso che l’ha portata alla corte di Saro Crocetta e che, secondo alcuni boatos, le avrebbe dovuto garantire il posto in lista nel Pd alle regionali del 2017, in modo da fare tandem con Mario Alloro nella speranza di trascinare il partito verso quel 15% che potrebbe fare sperare nella elezione di uno dei due parlamentari che toccano alla ex provincia di Enna. Certo, in undici mesi può accadere di tutto, ma al momento sembra che per l’assessora piazzese la strada sia in salita.

Così il grande interrogativo è: quanti di quei 51 mila elettori voteranno Cinquestelle tra meno di un anno alle regionali? Io credo che saranno almeno la metà, nonostante nel consorzio non sia ancora emersa alcuna figura carismatica all’interno del movimento di Grillo. Certamente se Antonio Venturino fosse rimasto nel movimento, oggi avrebbe potuto contendere la leadership regionale a Cancellieri, ma la diversa visione politica tra i due, emersa subito dopo le elezioni del 2012, spinse il Vice presidente dell’ARS – come racconta in un interessante e ben scritto volumetto scritto a quattro mani con Concetto Prestifilippo e appena uscito nelle librerie di tutta Italia – ad abbandonare il movimento. Cosa sarebbe potuto succedere se i cinquestelle avessero appoggiato la rivoluzione crocettiana non lo sapremo mai, ma sappiamo che essa non c’è stata. Anzi. 
In ogni caso, numeri alla mano, c’è la certezza che il M5S eleggerà un parlamentare regionale nel 2017 e c’è una buona probabilità che elegga anche il secondo. Questi conti sicuramente li stanno facendo in tanti e in ogni città del consorzio, uomini e donne (i due candidati devono essere di genere diverso). Il rischio è che tra i tanti candidati in pectore si accenda una battaglia senza esclusione di colpi che danneggi l’immagine del movimento a livello locale negli ultimi mesi prima della campagna elettorale.

Dentro questa incognita ce n’è un’altra che riguarda tutti gli aspiranti candidati di Piazza Armerina, città che si trova ancora dentro il consorzio di Enna, nonostante avesse deciso di abbandonarlo verso altre sponde. Dopo avere avuto due deputati regionali su tre nella legislatura in corso (il massimo storico), e dopo essere riuscita ininterrottamente dal 1996 ad eleggerne uno, Piazza rischia seriamente di rimanere fuori dal prossimo Parlamento regionale, dal momento che difficilmente suoi candidati troveranno spazio nelle liste o voti fuori città.

La situazione che abbiamo appena analizzata non appare molto diversa da quella regionale dove le autoproclamate o investite dall’alto leadership sono state travolte dalla volontà degli elettori. Nella Palermo del potentissimo viceministro Faraone e di decine di parlamentari e assessori il Si ha preso il 27,5% nonostante 4 visite di Renzi in due mesi. Nella Catania di Enzo Bianco che già si sentiva Presidente del senato delle regioni e di Fausto Raciti, segretario regionale, nella Catania che aveva ospitato una Festa nazionale de l’Unità che sembrava quella di un paesino di provincia, è stato centrato il peggior dato nazionale con il Si al 25,4%. Nella Agrigento del strapotente Angelino Alfano il Si ha preso il 29,70% e perfino nella Mussomeli di Totò Cardinale che in Sicilia comanda nel Pd quanto Faraone ha approvato la riforma solo il 32,63% degli elettori. Nella Gela, infine, nel presidente Crocetta un patetico 27,94%.

Tutti generali senza esercito, ma solo circondati da osannanti e interessati ufficiali di complemento mentre le truppe di una volta, lasciate allo sbando, o si sono rifugiate in un silenzioso e individualistico aventino o, in attesa di un segnale a sinistra, concorreranno a consegnare la prima regione italiana ai pentastellati.

Carmelo Nigrelli



 

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